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lunedì 29 ottobre 2012

something about me - parte 1

In questo periodo di rivoluzioni interne ed esterne (lo so, la sto tirando per le lunghe, ma abbiate fede che vi dirò tutto) mi sono resa conto che ci sono cose di me che non vi ho mai raccontato.

Forse sono stata troppo presa dalla gravidanza e dalla neomaternità e mi sono dimenticata di raccontarvi come sono arrivata qui.

Allora comincio adesso, se vi va di ascoltarmi.
So già cosa state pensando - mamma mia, ora questa parte con il pippone sul suo passato.
Eh no, non mi posso bruciare tutto in una volta.
E allora oggi vi racconto di una ragazzetta di 16 anni. Molto magra a causa di una malattia pseudoseria che, al netto di quanto bruciato per lo spavento, si era portata via circa 12 kg in due mesi, e dieci anni di vita dei suoi genitori.
Una ragazzetta che aveva il vizio di dire sempre sì, senza pensarci troppo su. Senza pesare le conseguenze, lo sforzo e le difficoltà di un atteggiamento propositivo.  

A cui faceva il paro, l'obbligo morale di combattere sempre tutti i NO! secchi. In particolare quelli di suo padre, noto per avere un atteggiamento contrario al suo, dovuto - ora lo capisce - al fatto di essere papà.
Un giorno, le capitò di dire sì a questo: "ma tu, partiresti domani per studiare fuori, lontano, con una famiglia che non conosci e una lingua che parli poco e male?"
Quello che non aveva calcolato erano i tantissimi ragazzi, agguerriti quanto lei, che avevano detto sì, le 5 sole borse di studio in palio, i test da superare, la difficoltà di realizzare quel sì che ben presto si era trasformato in un suo sogno.
Grazie a Dio, talvolta c'è la triangolazione perfetta di impegno-tenacia-fortuna e quel sogno si avvera.
Per più di un anno, la ragazzetta ha vissuto negli Stati Uniti, in un posto a molti totalmente sconosciuto oppure inviso, che come lo nominava la faccia dell'interlocutore assumeva subito quella dell'Urlo di Munch.
Eppure, lei ci si è trovata benissimo.
Per un anno ha vissuto il sogno dei teenager americani: ha avuto l'armadietto che si apriva con il lucchetto con la combinazione, la festa di fine anno con i vestiti di tulle e la polsiera di fiori, la neve d'inverno alta alta, e il caldo secco, i dolci grassissimi (brownies, cookies, e tutti gli 'ies' possibili e immaginabili), gli amici di 16 anni con la macchina, le lezioni di ceramica durante l'orario scolastico, gli sport competitivi, l'email quando qui era un miraggio, e, ovviamente, quei 10 kg in più di 'ies'.
Ha voluto bene a persone dalla vita complicata, dura e difficile, ma dal cuore grande che sono state la sua casa lontano da casa. Ha imparato una lingua che le sarebbe stata fondamentale in futuro. Ma più di ogni altra cosa, ha imparato uno stile di vita, un modo nuovo di vedere le cose, che si porta dietro, talvolta come un fardello, talaltra come un inestimabile diamante.
Poi è tornata a casa, con la convinzione che la casa come la intendeva lei non era più fatta di mattoni, ma di occhi familiari, cuori, risate, abbracci. E che fin tanto che vi fossero stati questi, avrebbe potuto ricrearla ovunque.

13 commenti:

  1. è proprio vero che certe esperienze ci cambiano la vita anzi, la plasmano, l'arricchiscono e ci aprono gli occhi. E, forse, apriamo davvero gli occhi nel momento in cui apriamo il nostro cuore.
    E accade quando ci rendiamo conto che ciò che per noi era scontato in realtà è per noi l'essenziale.

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  2. Che bell'inizio...le premesse sono buone....

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  3. Che bello. Io, timidissima a quell'età, non avrei mai avuto coraggio di fare un'esperienza del genere.
    Aspetto il seguito.

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  4. Ora è chiaro perchè "Cookies"!!!!!
    Bellissima esperienza vero?
    io avrei tanto voluto farla...ed invece per amore...non la feci....
    Grazie per avercela raccontata
    a quando la seconda puntata?

    baci a cookies...a proposito come sta?

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    1. ho messo una S in più.....ops....magari è di buon auspicio!!!!

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    2. eheheeheh!!!! Cookie al singolare sta bene. Anche io per amore stavo per non farlo, fortunatamente il mio di lui allora mi mollò per un'altra e allora via in America.
      La seconda puntata a prestissimo!!

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  5. Come mi riconosco nelle tue parole... sono stata anch'io negli States per la quarta superiore e anche la mia è stata un'esperienza incredibile, sia nel bello che nel brutto, mi sono legata tantissimo a persone così diverse da me che mi hanno insegnato tanto, soprattutto in termini di apertura mentale, di non aspettarsi sempre tutto a propria immagine e somiglianza, ma anzi buttarsi nel "diverso", mi sono confrontata con me stessa, sola a scontrarmi con le mie paranoie e con la mia voglia di indipendenza... Un'esperienza unica che in gran parte ha contribuito a farmi diventare quella che sono. La consiglierei a tutti! (dov'eri tu? io Connecticut, paesaggio fatto solo di centri commerciali e nient'altro, neve e freddo e tanti chili in più quando sono tornata tra gli italians!)

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    1. io Omaha NEbraska... ok urlo di munch anche per te... ma chissà che non ci siamo incontrate, magari siamo partite lo stesso anno... e cmq pure io la consiglierei a tutti come esperienza...

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    2. per me era correva l'anno 1999/2000... ti assicuro anche il connecticut era abbastanza da urlo di Munch!

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  6. Che bello! una mia cara amica è stata un anno in usa, ancora si vede con i suoi "genitori americani" dopo 20 anni!
    E' un'esperienza che un po' invidio, ma che non avrei mai avuto il coraggio di fare...

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commenti biscottosi...