Sono passati quasi 6 mesi da quando Cookie ha cominciato questa nuova esperienza dell'asilo nido. Crèche, in francese. Un piccolo asilo privato gestito da Madame J. e da sua figlia M.
Perché privato? Perché a Bruxelles per poter pensare di avere un posto in un asilo pubblico (o privato di dimensioni più grandi) occorre mettersi in lista quando si sta per concepire il futuro nascituro.
No, davvero, conosco persone che hanno contattato gli asili del quartiere al quinto mese di gravidanza e si sono sentiti rispondere che avrebbero dovuto chiamare prima, molto prima, solo per sperare di non finire in fondo alla lunghissima lista d'attesa.
Per cui, quando Madame J ci ha telefonato dicendo che almeno lei un posto l'aveva, beh, ci siamo fiondati.
Ecco, lei, Madame J, insieme a M - o come le chiama Cookie, 'Ola' e 'Manna' (che il ragazzetto non dice parole di senso compiuto ma i nomi delle ragazze li ricorda tutti) - accoglie tutti i piccoli la mattina fagocitandoli in quel suo fiume di parole vivace e ritmico che caratterizza il suo modo di interloquire con grandi e piccini.
Che lei parla, ma parla. E poi gesticola, fa le smorfie, indica. In un modo che incanta i suoi piccoli lupetti.
Nella fisicità e nei modi mi ricorda tanto il film "Tutti insieme appassiontamente". Alta, le curve di una matrona, gli occhi azzurrissimi e piccoli, i lineamenti del viso delicati con quel nasino a punta, i capelli rossi in un caschetto cortissimo. Veste sempre con abiti lunghi, calze e sandali bassi e ha quasi sempre un grembiule fiorato addosso. Ed è fissata con la musica.
Ecco, io ce la vedo proprio mentre salta e balla su un prato verde con le montagne alle spalle piene di stelle alpine e 10 bimbi al seguito.
Che poi Madame J è tanto dolce e carina, quanto severa ed inflessibile. L'unica in grado di bloccare i capricci e le marachelle dei nanetti con un semplice, ma fermo "STOP!"
Particolarmente ansiosa o eccessivamente attenta nella cura dei piccoli, mi chiama appena Cookie ha 37.5 ed è in grado di farmi venire l'angoscia per una piccola bolla sul braccio.
Quando vado a prendere Cookie, riporta con precisione tutto quello che il nano ha fatto, concentrandosi su eventuali comportamenti sbagliati (spinte, marachelle, gelosia nei confronti dei propri giochi). E ogni volta è una pugnalata al mio orgoglio di genitore. Certo, se poi mi dicesse anche che pure gli altri nanetti non sono da meno.
Per fortuna che la vivacità espressiva della madre è riequilibrata dalla timidezza e ruvidità della figlia, che ha il vizio, quanto mai gradito, di relativizzare tutto: "è stato bravo oggi?" "Beh, lo deve essere", "ha spinto qualche altro bimbo?" "Beh, le ha prese e le ha date, fanno tutti così. Se poi la smettessero di gridare sarebbe meglio."
Ovviamente questo loro modo di fare, così diverso e così distante da me, all'inzio mi ha generato dubbi, paure. Se ne sentono talmente tante.
Col tempo una cosa mi ha rasserenato: nella loro peculiarità Cookie le adora. A tal punto che il sabato mattina piantona la porta di casa al grido di "Ola, Manna", tutto contento di andare all'asilo. Vi lascio immaginare il suo disappunto quando capisce che non è così.
Che poi dovete sapere che a Madame J io devo molto: quel suo essere logorroica è stata la mia spinta ad avvicinarmi al francese con una fame di apprendimento che oggi mi permette di superare la fase dei colloqui in lingua con i complimenti dell'interlocutore. Che oggi mi fa sentire più inserita e meno spaurita.
Insomma, un po' come Cookie nel suo asilo.